Buongiorno, lei è uno studioso di autori tradizionali. Ricordiamo il suo libro su Suor Maria Amata di Gesù. Cosa rappresenta per lei la Cristianità?

La ringrazio vivamente Dott. Deganutti per l’onore inaspettato di questa intervista sul website Tota Pulchra dedicato a Maria, di cui mi sento figlio devotissimo nello spirito di Consacrazione a Lei, Madre di Gesù, secondo la dottrina spirituale di San Luigi Maria Grignion de Montfort. Più che uno studioso di autori tradizionali mi ritengo umilmente un ricercatore spirituale che va interfacciando la sua personale esperienza di Dio con la sicura guida dei mistici cristiani, per crescere nella comprensione del mysterium fidei vivendo nella vita di grazia e nel silenzio davanti alla presenza del Dio vivente. In questo senso, il libro che scrissi nel 2014 per le edizioni Il Cerchio dal titolo “La Mistica del Silenzio in suor Maria Amata di Gesù Carmelitana scalza”, ha rappresentato una tappa fondamentale di tale personale ricerca. La quale corroborata dalle ricerche cliniche dei neuroscienziati sui sistemi meditativi delle religioni storiche (Yoga, Zen, Vipassana, Meditazione tibetana, Meditazione taoista, Esicasmo ortodosso, Meditazione carmelitana, Adorazione eucaristica) a partire dagli anni ’50 del XX Secolo fino ad oggi, mi ha permesso nell’anno 2005 di aprire un nuovo fronte all’interno della Sociologia clinica italiana, quello della Sociologia olistica conosciuta ora come Sociologia neuromeditativa, con il placet del Presidente Dott. Cav. Pietro Zocconali e del Direttivo nazionale della Associazione Nazionale Sociologi (ANS).

Per quanto riguarda la realtà della Cristianità, partendo dal valore iconico della Mater Ecclesiae che sotto il suo manto raccoglie i suoi figli, i cristiani, abbiamo la prima espressione visiva di cosa sia la Cristianità stessa: è la Chiesa militante, sono le membra ancora pellegrine del Corpo mistico di Cristo, che come suo Popolo cammina con Maria verso Gesù Rex regum et Dominus dominantium (Ap 19,16), per edificare il suo Regno sopra la Terra attraverso l’evangelizzazione dei singoli, delle società, dei popoli, delle nazioni e degli stati. Da questa visione teologica mistica di ordine ecclesiale, discende poi una teologia della storia per cui la Chiesa affermando davanti al mondo pagano l’esistenza di un solo Dio e lottando per la libertà della sua missione di evangelizzare i popoli, ottiene col sangue dei martirii e con la dottrina degli Apostoli e dei Padri confessori della fede la conversione dei pagani e la nascita storica progressiva della Cristianità imperiale d’Occidente, da Costantino a Carlo Magno fino al Beato Carlo d’Asburgo l’ultimo imperatore, nonché dei Regni cristiani adiacenti all’Impero e dell’Impero d’Oriente che, alla caduta di Costantinopoli, continua in Russia la sua gloriosa storia.

Oggi, dopo la ventata plurisecolare del liberalismo che ha distrutto l’ordine cristiano temporale europeo e che ora mostra i suoi lineamenti totalitari con la globalizzazione e il nuovo ordine mondiale unipolare a trazione USA, la Cristianità è tornata a coincidere con l’aspetto territoriale della Chiesa e trova rifugio nelle Diocesi, nelle congregazioni religiose, nei movimenti ecclesiali, nelle correnti di pensiero multipolare. Una Chiesa che nelle nazioni europee e occidentali vive in un regime di apparente libertà, ma in una realtà di persecuzione ideologica, culturale, politica e transgender a partire dalla disgregazione della famiglia tradizionale e dell’essere umano come individuo e persona. Col nuovo volto totalitario del liberalismo occidentale si sono definitivamente infrante le aspirazioni di dialogo col mondo proposte dalla pastorale avveniristica del Concilio Vaticano II, la Chiesa torna ad essere il finto amico da sfruttare per le politiche ambientali e il vero nemico da non ascoltare quando fedele al suo mandato proclama la verità del Diritto naturale e dell’amore di Cristo oppure quando vuole porsi quale umile mediatore di pace… e il fallimento dei colloqui di pace intrapresi in questi giorni da S. S. Papa Francesco per risolvere la crisi ucraina ne sono una prova inequivocabile.

 

Come è possibile conciliare l’ascesi mistica con le “moderne” tecniche di meditazione?

La ringrazio per la domanda impegnativa che cercherò di esplicitare in modo essenziale. Le tecniche di meditazione già citate nella precedente domanda, “moderne” per noi nel senso di novità, in realtà sappiamo essere tecniche plurisecolari sviluppate in un contesto alieno al cristianesimo da civiltà asiatiche millenarie. Se escludiamo lo Yoga col suo legame inossidabile con la religione politeista dell’Induismo, le tecniche di meditazione che abbiamo imparato a conoscere in Occidente sono frutto della filosofia esperimentale del buddhismo e del taoismo, i quali pur avendo adottato nei secoli un habitus religioso per venire incontro alla sete del Divino coi naturali risvolti panteistici e politeistici propri del senso comune popolare che non ha ricevuto la Rivelazione del monoteismo biblico, nella loro essenza sono gnosi filosofiche iniziatiche a forte orientamento ascetico-meditativo, di origine sciamano-eremitica (taoismo) o monastica (buddhismo). La tal cosa non deve affatto spaventare il cattolico, che per discernere la veritas e il bonum eventualmente presenti in tali tecniche meditative, in assoluta sicurezza può interfacciarsi al Magistero della Chiesa, soprattutto nel Documento fondamentale in tal senso, emesso il 15 ottobre 1989 dall’allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede Joseph Card. Ratzinger dal titolo: “Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica su alcuni aspetti della Meditazione Cristiana”. Un testo indispensabile e vincolante, che esorto vivamente a leggere per la sua profondità, per la sua chiarezza nell’esplicitare i giusti concetti di gnosi e di presenza di Dio nell’anima, per il suo intrinseco valore di guida nel sereno approccio a tali tecniche meditative senza il pericolo di cadere nel sincretismo religioso, nella confusione dottrinale, nella alterazione psicologica.

Detto questo bisogna chiedersi oggettivamente e con sincerità perché queste tecniche meditative asiatiche abbiano avuto così successo nel mondo postmoderno e perché diversi cattolici le usino come beneficio psicofisico antistress e come preparazione alla preghiera profonda del silenzio e dell’adorazione eucaristica. Il motivo è molto semplice, in quanto buddhismo e taoismo nella loro essenza non ponendosi né metafisicamente né religiosamente il problema di Dio, hanno concentrato la propria attenzione sull’interiorità dell’uomo, sulla sua costituzione psicofisica e sulla Natura, sviluppando così una serie di profonde conoscenze salutiste da noi genericamente definite come medicina orientale, medicina cinese, medicina zen, medicina tibetana ecc. Questa focalizzazione in ordine al salutismo, trova giustificazione dal fatto che il buddhismo si propone spiritualmente il superamento della sofferenza esistenziale, mentre per il taoismo la finalità spirituale consiste nella ricerca dell’immortalità fisica e spirituale. Quindi, nell’anticiviltà postmoderna attuale che ha disgregato qualsiasi legame tra l’umanità e il creato inficiando l’equilibrio psicofisico, queste tecniche meditative se ben trasmesse da insegnanti competenti, hanno trovato il loro successo come rimarginazione delle ferite interiori e psicosomatiche dell’essere umano contemporaneo.

Le tecniche meditative taoiste e buddhiste, insieme all’indagine neuroscientifica tuttavia hanno rianimato di conseguenza e a loro insaputa anche gli aspetti di guarigione psicofisica insiti nella meditazione cristiana, risvegliando tra l’altro anche a livello filosofico il problema dell’anima e della sua esistenza che era stato seppellito dalla Modernità filosofica a partire da Cartesio. La visione monoteista cristiana ha sempre concepito l’anima come luogo dell’incontro con Dio, dando meno importanza alla realtà platonico-aristotelica dell’anima come essenza e centro dell’essere umano. Buddhismo e, soprattutto, Taoismo concepiscono invece l’essenza umana come energia che li avvicina ai concetti di energia vitale propri dell’antichità greco-romana e cristiana medioevale (la viriditas di Santa Ildegarda di Bingen, Dottore della Chiesa). Le neuroscienze hanno infine riscoperto l’anima come coscienza e, pur essendo divisi tra riduzionisti e antiriduzionisti, i neuroscienziati concordano nel rilevare che nella natura umana c’è qualcosa di più oltre il corpo e la mente, c’è la coscienza appunto che non è una facoltà della mente. Tutto questo ha portato alla riflessione della Sociologia clinica neuromeditativa sull’anima cosciente, che una volta risvegliata dalle tecniche neuromeditative può: dominare il permanente conflitto corpo-mente attraverso il riequilibrio prodotto dalla sua componente dinamica di energia vitale e tramite la lotta contro i vizi capitali; rigenerare e governare con serenità il corpo e la mente attraverso il silenzio della meditazione; tornare ad essere il luogo dell’incontro con Dio. Così, senza volere manifesto, le tecniche meditative asiatiche hanno risvegliato la meditazione cristiana, hanno risollevato il problema dell’anima dando alla filosofia la possibilità di riaffermarne lo statuto ontologico quale anima cosciente, hanno ridestato negli indifferenti il problema di Dio e della sua presenza nell’anima, offrendo un futuro di speranza per il ritorno di una generazione di santi mistici secondo l’adagio di Karl Rahner: “Il cristiano del futuro o sarà un mistico o non sarà neppure cristiano”.

 

 

Nella sua ultima opera “Mistica guerriera del Soggetto Radicale” descrive come sia possibile tramite alcuni stratagemmi spirituali, uscire indenni da questo mondo desacralizzato. Ce ne parli.

Santa Teresa d’Avila notava spesso come le persone, pur frequentando i sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucarestia, non riuscissero a vivere in grazia di Dio e, su ispirazione divina, ne capì il motivo: perché non meditavano. Ne fa eco Sant’Alfonso Maria de Liguori che nelle sue opere ascetiche spesso affermava: “Chi prega si salva, chi non prega si danna!”. Dilatando questa verità tipicamente cristiana, con le dovute modificazioni anche ai non credenti atei, agnostici o indifferenti, potremmo dire che nel mondo d’oggi si salva, almeno dal punto dell’equilibrio psicofisico, solo chi medita. Oggi, infatti, sembra che la meditazione sia salutista sia confessionale, rappresenti anche un’ancora di salvezza alla propria salute psicofisica, oltre che una manifestazione interiormente vissuta e sperimentata del proprio credo. La base comune di ogni sistema meditativo infatti, sia orientale sia occidentale, sia cristiano sia non cristiano, se vuole essere efficace ed ottenere un significativo cambiamento psicofisico, non deve essere solo un cammino spirituale che vada progressivamente dal pensiero al silenzio, ma deve essere accompagnato da una generosa lotta ascetica contro i vizi capitali che imbrigliano corpo, mente e anima attraverso la pratica delle virtù contrarie. In questo cammino spirituale poi il cristiano ne risulta avvantaggiato dalla frequentazione dei sacramenti e dalla presenza dello Spirito Santo che vive nell’anima in grazia e la guida per annientare l’uomo vecchio e far crescere l’Uomo nuovo che è Cristo.

Nel libro “Mistica guerriera del Soggetto Radicale”, ho inoltre sottolineato l’importanza categorica della tensione esistenziale che deve essere alla base di questo cammino di rinnovamento interiore necessario per una nuova svolta storica che vada oltre la globalizzazione e il dominio unipolare del mondo a favore di un mondo multipolare formato dal rispetto delle diverse Civiltà presenti sul pianeta. Tale tensione prende il nome di desiderium Dei, desiderio di Dio, desiderio che va oltre la Volontà di potenza nietzschiana e oltre il Sentiero della mano sinistra e si manifesta nel Soggetto Radicale come angelologica Volontà di totale appartenenza al Divino. Il desiderium Dei diventa così il motore immobile capace di unire la lotta di San Michele e delle schiere angeliche con quella dei Soggetti Radicali – ossia degli Uomini che hanno detto “No!” all’avvento del regno dell’Anticristo e come katechon resistono combattendo contro il male attraverso lo sprofondamento nell’inferno postmoderno –, a favore del glorioso ritorno del Cristo Re della gloria, venuta il cui giorno e la cui ora solo il Padre nostro che è nei cieli conosce.

 

Secondo lei che ruolo può avere l’Arte sacra (vedi le Icone orientali) nel progresso spirituale di una persona?

Le Icone orientali, insieme all’Arte romanica e gotica, rappresentano una viva presenza di Dio e del senso del soprannaturale all’interno della civiltà europea ed eurasiatica, che purtroppo l’umanizzazione neopagana provocata dalla concezione barocca dell’arte religiosa e l’astrazione artistica moderna dei templi cristiani non sono state in grado di replicare. Chi entra in contatto di preghiera e di silenzio con le Icone greche o russe o con gli affreschi dello stesso genere impressi sulle cattedrali d’Occidente, è attratto dal magnetismo potente di attrazione spirituale che l’arte bizantina riesce a comunicare con la sacralità imperiale del Cristo Basilèus, con la grandezza teologica della Theotokos e con il rapimento mistico dei santi dal volto trasfigurato. L’Arte romanica poi ispira, in chi entra nelle sue cattedrali, la presenza e la discesa del Cristo Pantokrator nella sua terra consacrata. Mentre l’Arte gotica è il tripudio della presenza di figure arcane, è il Sancta Sanctorum dove gli angeli e i santi adorano e danzano davanti a Yahweh l’unico vero Dio Uno e Trino, è una foresta spirituale che dalle altissime colonne alle guglie, slancia verso le altezze insondabili di Dio l’anima di chi entra nelle sue cattedrali, in una sorta di rapimento estatico e di scomparsa della dimensione terrena a favore dell’Eden, delle sue montagne e delle sue praterie eterne dove Dio torna a camminare in compagnia di Adamo ed Eva. Il ritorno al Sacro, all’Arte Sacra nella sua essenzialità e nelle sue spoglie forme è l’unica via pedagogica per un ritorno della dimensione verticale della vita. Ma si sa, le grandi cattedrali furono costruite nei periodi di grande fede e ora non sono replicabili, mentre le icone sono una via di santificazione ancora attuale, a cui ogni cristiano deve saper attingere, insieme al grande dono della presenza di Gesù eucaristico, lì dove nostro Signore sotto i veli eucaristici del pane e del vino transustanziati, è presente nello stesso identico modo in cui siede alla destra di Dio Padre onnipotente.

 

Il rinnovamento spirituale del futuro ripartirà come sempre da Roma?

Sinceramente, questa è la domanda più difficile che lei mi pone. Roma è un’Idea inizialmente pagana di ordine divino del mondo che si è infine realizzata nella sua interezza come Idea cristiana. L’Idea di Roma, ha poi passato storicamente il testimone a Bisanzio, ad Aquisgrana, a Mosca, a Vienna e a Berlino e in questo senso pone il problema della rinascita di un ordine cristiano temporale europeo, dopo l’ordalia devastante attuata dalla Modernità, dai totalitarismi e dal liberalismo. Ma Roma è anche la sede di Pietro il successore di Cristo, Roma è lo stesso Pietro, lì dove la lotta infernale contro il Papa e contro i cristiani trova il suo punto focale: “E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa” (Mt 16,18). Il rinnovamento ripartirà quindi come sempre da Roma, soprattutto da Roma e anche da Roma, anche se in modo alquanto diverso dal trionfalismo al quale siamo ancora “romanamente” e idealmente abituati dalla musica ineffabile di Puccini dell’Inno a Roma: “… tu non vedrai nessuna cosa al mondo maggior di Roma…”.

Per concludere, citerò a tal riguardo e come conferma uno stralcio della “profezia dimenticata” che il teologo Joseph Ratzinger, nel giorno di Natale del 1969 espresse a conclusione di un ciclo di conferenze radiofoniche ai microfoni della Hessischer Rundfunk: «Siamo a un enorme punto di svolta nell’evoluzione del genere umano. Un momento rispetto al quale il passaggio dal Medioevo ai tempi moderni sembra quasi insignificante. (…) Dalla crisi odierna emergerà una Chiesa che avrà perso molto. Diverrà piccola e dovrà ripartire più o meno dagli inizi. Non sarà più in grado di abitare gli edifici che ha costruito in tempi di prosperità. Con il diminuire dei suoi fedeli, perderà anche gran parte dei privilegi sociali. (…) Sarà una Chiesa più spirituale, che non si arrogherà un mandato politico flirtando ora con la Sinistra e ora con la Destra. Essa farà questo con fatica. Il processo infatti della cristallizzazione e della chiarificazione la renderà povera, la farà diventare una Chiesa dei piccoli, il processo sarà lungo e faticoso, perché dovranno essere eliminate la ristrettezza di vedute settaria e la caparbietà pomposa. Si potrebbe predire che tutto questo richiederà tempo. (…) Ma dopo la prova di queste divisioni uscirà da una Chiesa interiorizzata e semplificata una grande forza (…) A me sembra certo che si stanno preparando per la Chiesa tempi molto difficili. La sua vera crisi è appena cominciata. Si deve fare i conti con grandi sommovimenti. Ma io sono certissimo di ciò che rimarrà alla fine: non la Chiesa del culto politico, che è già morto, ma la Chiesa della fede. Certo essa non sarà più la forza sociale dominante nella misura in cui lo era poco tempo fa. Ma la Chiesa conoscerà una nuova fioritura e apparirà come la casa dell’uomo, dove trovare vita e speranza oltre la morte. La Chiesa cattolica sopravvivrà nonostante uomini e donne, non necessariamente a causa loro, e comunque abbiamo ancora la nostra parte da fare. Dobbiamo pregare e coltivare la generosità, la negazione di sé, la fedeltà, la devozione sacramentale e una vita centrata in Cristo».

 

di Lelio Antonio Deganutti

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