Buongiorno Valentina, che significa essere antropologa nel 2023?

Molte cose e nessuna. Quella dell’essere antropologo non è prettamente una professione bensì una attitudine mentale all’osservazione senza giudizio di ogni realtà che ci circonda. La pratica antropologica attiene ad una vasta gamma di studi o meglio di campi d’analisi. Passato e presente sono spazi temporali in cui l’antropologo si muove. Vi è una trasversalità di osservazione che può dare la cifra della vastità di interessi. Possiamo analizzare i tutt’ora presenti riti d’iniziazione in uno sperduto villaggio africano così come si possono analizzare i mutamenti attinenti alla famiglia nella moderna società secolarizzata. Prioritario, per un antropologo è il non-giudizio. E soprattutto l’esercizio costante che allontana dall’etnocentrismo ovvero a quella pratica mentale che predilige il punto di vista della propria cultura d’appartenenza come metro principe. Dopo queste doverose puntualizzazioni posso dirti che ai nostri giorni l’essere antropologo è sfida perenne ed entusiasmante. Una passione per quanto mi riguarda che mi suggerisce sempre una attenta osservazione della realtà anche se non direttamente oggetto di studio o lavoro specifico.

Sei autrice in un recente lavoro sulla romanità: PRIMA ROMA. Le origini alla luce del mito, scritto assieme a Giacomo Maria Prati, nonché autrice, assieme ad altri autori de  Caput Mundi: Roma tra storia e mito. Quindi ti chiedo: cosa rappresenta per te Roma e soprattutto, l’etica romana può essere una fonte di rettificazione del femminile nei nostri tempi?

Roma è un’idea, una città e un mito egli stessa. È un luogo che pare sfuggire al tempo poiché resta, nella sua storia gloriosa, incastrata nell’eternità che non prevede corruzione temporale. È pur vero che la mia ultima affermazione riguarda più l’idea di Roma che la moderna urbe. La città nella contemporaneità in cui viviamo subisce quotidianamente insulti. Si scontra con un progresso che la vorrebbe per infrastrutture, simile ad altre città ed ogni volta lo spirito di Roma si oppone. Un esempio pratico è quello dell’ostinato bisogno di costruire linnee della metropolitana che puntualmente vengono interrotte. Il sottosuolo della città eterna ci parla ancora.  I cittadini ancora possono bearsi e vivere a riparo della Cloaca Maxima, ancora in funzione da oltre 2.500 anni! O desiderare un avveniristico parcheggio ­– zona Piazza Euclide – per poi ritrovarvi i resti della fonte di Anna Perenna. Le scoperte si susseguono e recandosi in un moderno magazzino alla moda come la Rinascente in via del Tritone (angolo via Due Macelli) potremmo, non solo, acquistare dei beni effimeri ma visitare, al primo piano, i resti di un acquedotto romano inaugurato da Augusto nel 19 secolo a.C. Scoperta effettuata proprio durante i lavori di restauro.Ogni volta che si tocca il terreno e il sottosuolo di Roma, emerge la sua storia. Una storia che ancora affascina e di cui ancora si parla. Penso anche che se ne parli senza ricordare tutti gli aspetti che fecero la grandezza di Roma poiché come mi chiedevi c’è un aspetto che non riguarda solo le prove muscolari dei mirabili legionari romani o la grinta degli imperatori ed ancora la meraviglia dei grandi architetti, bensì vi è un’essenza ideale che fece grande Roma: il Mos maiorum, nucleo della morale e della tradizione. Un insieme di valori e regole che erano incarnazione dei principi più alti del vivere. Il rispetto per gli antenati, per i cardini costitutivi della città che riparavano da qualsiasi deriva che avrebbe portato Roma a sgretolarsi sotto i colpi dell’inconsistenza. Inconsistenza che osserviamo oggi nell’assoluto sradicamento delle società liquide. Per questo l’antica Roma è ancora un esempio.

 

 

Oltre ad altri lavori che si occupano del linguaggio dei simboli e dei miti, il tuo sguardo si volge anche al genere distopico. Hai infatti scritto un romanzo che titola  ‘’Ritorno ad Amtara’’. Cosa è Amtara? E come la distopia può essere genere interessante per leggere la realtà attuale?

Non solo la profezia, e quindi i testi sacri, ammoniscono o hanno la capacità di indicarci cosa potrebbe accadere, ma anche gli scrittori di fantascienza spesse volte hanno ipotizzato un futuro possibile che ahimè stiamo già in parte vivendo. Ovviamente c’è una sacralità differente ed una possibile rettificazione dei comportamenti umani nei testi di divina ispirazione, mentre nel genere distopico – branca della fantascienza – c’è una traccia delle possibilità che parte da uno sguardo impietoso del tempo presente. Vi sono molti esempi rispetto agli accadimenti del tempo attuale. Non posso non citare l’incredibile testo di George Orwell 1984 se non La Fattoria degli animali ed il sempre attuale Brave New World del controverso Aldous Huxley e la non mai citata Mary Shelley con il suo romanzo:   Frankenstein o il moderno Prometeo che con il suo ineccepibile sguardo sembra prevedere la deriva transumana. Ho citato solo alcuni autori per questioni di sintesi, ma inviterei i lettori a rivedere, stando attenti alle suggestioni profetiche, anche alcuni film di fantascienza.  Questo per evidenziare come il genere letterario e filmografico aiuti a leggere la realtà attuale, sempre se non si vivono passivamente le numerose informazioni che solo grazie ad una osservazione partecipante (per usare un concetto prettamente antropologico) ci giungono dinnanzi. Per quanto mi riguarda ho scritto un romanzo distopico partendo dall’osservazione del mondo odierno ma senza soffermarmi pragmaticamente sulle possibilità future bensì lasciando libera l’ispirazione. Mi sono ritrovata a narrare un mondo post-atomico, due umanità che si fronteggiano nell’ancestrale lotta tra il bene e il male. A tal proposito torno al nucleo essenziale della tua domanda. Amtara è la traslitterazione di un termine-concetto sanscrito: AMRTA nel significato di “assenza di morte, amore, immortalità”. L’aspetto simbolico è evidente nel testo così come lo sono la speranza e l’assoluta adesione al bene che si esplica nelle giuste azioni di tutti gli uomini e le donne di buona volontà che lottano come impavidi guerrieri affinché il male non trionfi. 

Secondo te il Cristianesimo, sia occidentale che orientale, che contributo porterà in futuro alla tenuta spirituale dell’Europa, tanto martoriata da una profonda crisi valoriale?

Il Cristianesimo è la luce dell’occidente e dell’oriente cristiano. L’Europa o forse sarebbe meglio dire le nazioni vendutesi al grande leviatano del capitalismo senza valori, ha svuotato di sacralità le menti e i cuori di questa umanità alla deriva. Là dove la scienza pare essere il nuovo dio, si dissipa la vita eterna e le virtù teologali vengono viste come improprie poiché si tende a spendere la vita nel qui ed ora. Pur vero che la stessa chiesa pare essersi indebolita di fronte alle richieste mostruose di una iper-tecnologizzazione dell’essere umano e la vera fede è stata barattata e imbrattata. Ci si affida a falsi idoli e si diviene idolatri. La tenuta spirituale è affidata a pochi uomini che seguono la via della devozione e dovrebbero tornare a rivestire carismi e autorità per guidare un gregge smarrito.   

Avrai sicuramento poco tempo per leggere. Che generi di romanzi prediligi.

Non leggo romanzi da molto tempo, non perché non li apprezzi ma perché nella moderna produzione letteraria non riscontro argomenti di mio interesse. Per questo prediligo i classici o la rilettura di testi scari e ovviamente saggi per aumentare il mio bagaglio di conoscenze e studio.

 

 di Lelio Antonio Deganutti

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