Quanto conta l’impronta spirituale, morale, professionale, che ognuno di noi riceve dal suo ambiente familiare (e, piu’ in generale, dall’ambiente in cui ha mosso i primi passi della vita)? Domanda che, da secoli, non smetton di porsi filosofi, psicologi, pedagogisti, insegnanti, sociologi. E che, nel campo dell’arte, forse si pone con piu’ forza che negli altri, data la natura dell’arte (capita, a suo tempo, da pensatori come Freud, Jung e Croce, che la definisce “espressione sentimentale immediata”) come mezzo che arriva rapidamente ai sentieri piu’ intimi – consci e inconsci – dell’animo umano.

Questo stesso interrogativo viene spontaneo porsi a proposito dell’arte di Lucilla Labianca: funzionaria emerita del ministero della Cultura e artista poliedrica che, col fratello Vincenzo (sin dall’adolescenza, seguendo le orme paterne, interessatosi alle arti figurative e alle varie tecniche di rappresentazione, come olio, acquarello, tempera e grafica), è figlia di Nicola Labianca (Bitonto, 1912 – Roma, 2003). Artista autodidatta, maestro sia nella ritrattistica che nella raffigurazione di ambienti con suggestioni esotiche, sospesi tra luce ed ombra e legati all’ Africa e all’Oriente. Ho incontrato Lucilla Labianca ultimamente a Piazza di Spagna, in occasione della chiusura della 65ª edizione del Rome Art Festival, importante rassegna d’arte contemporanea: che quest’anno ha accolto opere di 36 artisti tra pittori, scultori e grafici, diversi tra loro per esperienze, tecniche e stili. L’evento è stato promosso dall’Associazione Art Studio Tree: di cui è Presidente appunto la pittrice Labianca.

Sin dall’inizio nel 1989, esordiendo in piazze come Re di Roma, San Giovanni, Repubblica (comunque sempre piazze storiche della capitale), il Rome Art Festival – che usufruisce del patrocinio di ministero della Cultura, Regione Lazio, Roma Capitale - ha voluto ospitare sia artisti affermati che nomi emergenti (“scelti”, precisa Lucilla, “dalla nostra Commissione artistica, che esamina attentamente i loro CV”). Esponendo le loro opere sempre all’aperto, così che gli artisti – come sempre accaduto dall’antichità ad oggi – possano relazionarsi non solo con critici d’arte e “addetti ai lavori”, ma direttamente coi cittadini della “pòlis”. Da tempo, Art Studio Tre partecipa a biennali di prestigio, come quella di Verona; mentre è presente, con suo stand, all’Arte Fiera di Padova, una delle piu’ importanti a livello nazionale.

Lucilla, qual è stato, in sintesi, il tuo percorso artistico?

Le mie opere, specialmente disegni e dipinti, sono partite dal figurativo, in conformità anzitutto al retaggio e alla vasta esperienza di mio padre ed anche di mio fratello. Dopo una fase piu' figurativa, comunque, sono passata a un'altra in cui, usando fortemente anche l'arte digitale, recupero temi e motivi dell'arte antica: come, ad esempio, in un progetto su iconografie del mondo classico reinterpretate in chiave moderna. L’iconografia di ispirazione, preciso, è quella degli stucchi della Basilica sotterranea neopitagorica di Porta Maggiore in Roma: di cui mi son occupata come funzionario dei Beni Culturali (esattamente come Direttrice, per 12 anni).

Ecco, parliamone in dettaglio…

Considerata la più antica basilica pagana di tutto l'Occidente, la Basilica sotterranea neopitagorica di Porta Maggiore fu scoperta casualmente nel 1917, per il cedimento “ del pianale ferroviario della soprastante linea Roma-Cassino-Napoli.” Probabilmente un tempio neopitagorico (ma non tutti gli studiosi sono d’accordo, N.d.R.), questa basilica, eretta presumibilmente in età fra tiberiana e giulio – claudia, tra il 14 (morte di Augusto) e il 54 d. C. (salita al trono di Nerone), ha soffitti e pareti fittamente decorati di stucchi rappresentanti varie scene mitologiche, con tema soprattutto il destino dell'anima e i segreti delle iniziazioni ai Misteri. Negli anni ‘50 venne “ realizzata una struttura-ponte in cemento armato che isolò l’estradosso delle volte della Basilica dal diretto contatto con il sedime ferroviario. A distanza di anni le infiltrazioni di acqua provenienti, questa volta, anche dalle pareti della scatola in c.a. hanno indotto nella prima decade degli anni duemila ad isolare anche l’estradosso del perimetro del monumento, con un’opera di scavo su progetto della Soprintendenza finanziato dalle Ferrovie dello Stato.”

Dopo che la competenza sul restauro di questo straordinario monumento passò (da metà anni ’70 in poi) al nuovo Ministero dei Beni Culturali e Ambientali, tu, in seguito, ne hai diretto il restauro stesso…

Io avevo già lavorato alla Sovrintendenza archeologica della Toscana, poi, a Roma, con Adriano La Regina, dal 1976 al 2004 Sovrintendente alle antichità dell’Urbe(oggi Presidente dell’Istituto Nazionale di Archeologia e Storia dell’Arte N.d.R.) “ dal quale ho ricevuto gli incarichi di progettazione e direzione lavori dei restauri del Teatro di Marcello e dell'Arco di Gallieno (già Porta Esquilina, porta monumentale delle antiche Mura serviane posta nel rione Esquilino, nei pressi di Piazza Vittorio). Occupandomi in seguito, come architetto, dal 1987 al 2012, del restauro anche della Basilica di Porta Maggiore, sono riuscita a realizzare un nuovo sistema di depurazione dell’aria che ha permesso “ di depurare l’interno dalla veicolazione di polveri e spore fungine, abbattendo così sia gli squilibri nell’ambiente sia gli attacchi microbiologici; e, al tempo stesso, di procedere con il restauro delle superfici, specie di quell’autentico capolavoro che sono gli stucchi. Voglio ricordare che, da vari anni, la Basilica è visitabile dal pubblico: previa richiesta alla Sovrintendenza Speciale Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Roma, l’organo periferico del Ministero della Cultura (ultima denominazione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, N.d.R.) preposto appunto a tutela e valorizzazione del patrimonio archeologico, culturale e paesistico sito a Roma e di pertinenza statale.

E ti occupi anche ora, di questo tempio davvero unico?

In altro modo, sì: come accennavo prima, ora che sono in pensione, nei miei progetti e creazioni artistiche recupero molti motivi dell’arte antica, come racconti mitologici che faccio rivivere in chiave moderna. Un mio dipinto recente, ad esempio, “Il ratto di Ganimede” da parte dell’aquila, cioè di Giove, s’ispira direttamente ad uno dei piu’ celebri stucchi della navata centrale della Neopitagorica. In questi miei quadri di oggi – dove fondamentale è l’apporto dell’arte digitale – spesso aggiungo pigmenti particolari, come l’oro, che danno all’opera un maggior tono di antichità, pur lasciandola sempre fortemente ancorata al presente.

 

di Fabrizio Federici

 

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