“Dopo aver fatto il Liceo musicale, ho conseguito la laurea in Musica da camera e Violino solistico, e Viola, al Conservatorio di Napoli, e quella in Canto al Conservatorio di Salerno. Ora insegno Canto al Liceo musicale statale “Alfano 1“ di Salerno. Oltre all’insegnamento, ho spesso suonato e cantato in varie manifestazioni musicali”.

Chi parla è Marta Pignataro, operatrice del campo musicale come insegnante e artista: salernitana, docente di violino, di viola e di canto, violinista e cantante. Ma cosa manca, in Italia, alla politica musicale di Stato ed enti locali? Perché il nostro Paese, una delle “culle” storiche della musica, oggi sembra quasi aver dimenticato una delle sue piu’ antiche tradizioni? La risposta è al tempo stesso semplice e complessa: perché in Italia, da decenni, quasi manca una politica musicale da parte di Stato ed enti locali, mentre i privati, con le loro iniziative, fanno quello che possono. Il problema poi, ha valenze piu’ generali, investendo l’intero campo della cultura: sempre da decenni (e premesso, sia chiaro, che parlo da semplice giornalista, non da esperto di contabilità dello Stato ed egli enti pubblici), quasi tutti i governi scelgono d’affrontare i problemi del bilancio pubblico nel modo piu’ immediato e sbrigativo, cioè tagliando sistematicamente le spese per la cultura (e la sanità). Di questi temi vogliamo parlare appunto con Marta Pignataro, partendo dalla sua esperienza “sul campo”: e ricordando che Marta è da tempo collaboratrice di Tota Pulchra in varie sue iniziative, soprattutto nel campo musicale.

Marta, parlaci delle tue esperienze nella musica: esperienze che, presumo, permettono di avere un quadro piu’ che fedele di gusti e reazioni del pubblico…

Esatto. In varie manifestazioni ho interpretato molta musica da camera, come violinista o. invece, come cantante accompagnata dal pianoforte o altri strumenti. E’ stato  importante, per me, partecipare, quest’anno, a rassegne come quella, l’inverno scorso, all’Istituto ”Donna Camilla Savelli” di Trastevere, a  Roma (dove ho cantato vari pezzi e suonato il violino, invitata da Mons. Jean-Marie Gervais, Presidente di “Tota Pulchra”, associazione dedita alla scoperta di nuovi talenti e all'organizzazione di iniziative culturali, al quale vanno i miei ringraziamenti ), e l’altra dell’aprile scorso a Tropea. Dove, con Stefania De Santi al pianoforte, ho cantato brani, tra gli altri, di Mozart. Brahms e César Franck. Senza dimenticare le ultime manifestazioni di Torino, con un concerto di musica da camera, dove pure ho cantato, e di Martina Franca (Taranto): dove sono stata l'unico violino partecipante (con brani di Beethoven e Brahms) e ho cantato, sempre accompagnata dalla pianista De Santi. In tutte queste occasioni, ho notato che il pubblico, in complesso. è senz’altro affascinato dal repertorio classico: e questo, contrariamente a quel che si crederebbe, vale anche per i giovani.

Premesso che in tutte le attività umane, non solo nell’economia, la domanda (di determinati beni o servizi, anche culturali) dipende anzitutto dall’offerta, in senso lato: cioè – restando ora alla musica – dalla proposta, al pubblico, di un determinato repertorio, la scuola italiana in cosa ha sbagliato, nell’educazione musicale?

Pur avendo il nostro Paese una grande, storica tradizione musicale (basti pensare che in quasi tutto il mondo, per indicare determinate forme musicali si usano, tuttora, termini italiani di antica origine, come “soprano”, “aria”, “andante”, “cavatina”, ecc…) , diciamo che la mediocrità di vari governi, negli ultimi 150 anni, ha fatto poco – diversamente che in  altri Paesi europei - per mantenere questa tradizione viva, e soprattutto diffusa tra la popolazione (fatte salve, è chiaro, alcune tradizioni locali tuttora forti). Percui, oggi (non parliamo, ovviamente, di iniziative musicali di alto livello, ma di proposte piu’ ordinarie, da parte di enti locali, scuole, associazioni culturali, ecc…), proporre eventi di buona musica classica spesso è considerato pesante, noioso, “palloso”, volgarmente, ma efficacemente, parlando; allora si ripiega, il piu’ delle volte, sulla musica leggera, e spesso neanche di qualità (sia come brani che come interpreti).

Ma allora, “Che fare?” ( da Lenin a Ignazio Silone, frase abusata, ma sempre valida…). In un Paese, poi, dove, non dimentichiamo, nel 2009 il MIUR, nella riforma dell’istruzione superiore, fece un taglio netto dell’insegnamento della Storia dell’Arte: salvo, poi, farla in parte rientrare “dalla finestra”, pochi anni fa…

Occorre un ripensamento complessivo, la restituzione del giusto spazio, nella scuola (pur, ovviamente, in percentuali diverse a seconda dei tipi di istituto) a tutte le materie umanistiche fondamentali, capaci di far riflettere i ragazzi sul senso complessivo della vita: materie tra cui la musica ha un posto di primaria importanza. Qui voglio ricordare uno scritto, che pochi oggi ricordano, di Don Giovanni Bosco, “Il Sistema preventivo nell’educazione della gioventù” (1877), che lessi anni fa: è il primo e piu’ compiuto resoconto redatto da Don Bosco sul suo metodo educativo. Un metodo che si definiva preventivo per la sua contrapposizione a quello, all’epoca ancora il piu’ usato, a carattere repressivo. E che si appoggiava, invece, “tutto sopra la ragione, la religione, e sopra l’amorevolezza”. Sul dialogo con l’alunno, insomma, per portarlo a individuare anzitutto lui le proprie predisposizioni, quindi le materie dove poteva riuscire meglio. Il tutto, in una genuina tradizione cristiana (pensiamo, ad esempio, anche agli esperimenti di pedagogia nonviolenta portati avanti, per anni, da Lev Tolstoj a Jasnaja Poljana, coi figli dei contadini russi; per non parlare, è chiaro, di Maria Montessori, N.d.R.) e cattolica. Cito questo testo di Don Bosco educatore perché il terreno della musica, a partire dalla musica sacra sino a tutti gli altri generi, è, direi, uno di quelli dove un buon insegnante può maggiormente far germogliare i semi già vivi negli studenti.

Tutto questo, però, per non restare anch’esso – “italicis moribus” - un “libro dei sogni”, va messo in pratica con programmi educativi nazionali: pur integrati, ovviamente, dai margini di autonomia delle singole scuole e delle Regioni…

Infatti: ma è proprio dal basso, dal territorio, che occorre pungolare il sistema scolastico nazionale varando anzitutto iniziative valide sul piano locale, che sappiano coinvolgere i cittadini. Ad esempio, non per vantarci, ma la “Settimana della Musica” organizzata dal liceo musicale statale “Alfano 1“ di Salerno, insieme all’ Ufficio scolastico regionale e al “Polo dei licei musicali e coreutico della Campania”, nel 2020 (pur solo in modalità telematica, causa Covid), ha creato veramente sinergie valide tra scuole, enti locali, alunni e famiglie. Sono questi tipi di strade che occorre seguire e potenziare in Italia, se vogliamo che la cultura musicale di qualità torni ad essere non dico di massa (anche per evitare proprio la massificazione), ma patrimonio vivo di molti cittadini.

 

di Fabrizio Federici

 

 

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