Marco Politi con il suo scritto “Papa Wojtyla l’addio” risveglia in noi i sentimenti di fede e speranza nel vivere con dignità il dolore.

Ricordo ancora con grande fede il libro del vaticanista giornalista e scrittore del quotidiano “La Repubblica” Marco Politi “Papa Wojtyla l’addio”(Casa Editrice Morcelliana) del quale ho assistito alla presentazione il 15 ottobre 2007 alla Sala della Protomoteca del Campidoglio. Il volto sofferente di Karol Wojtyla campeggia sulla copertina del libro, l’ennesimo a lui dedicato. In mano un ramoscello d’ulivo. Era l’ultima Pasqua del grande Papa polacco. In questa sua veste di cronista di cose vaticane, Politi ha frequentato Giovanni Paolo II si può dire da vicino e nel libro lo ricorda appunto così, come ha avuto modo di conoscerlo e ammirarlo. Mi ritornano in mente ancora gli interventi di autorevoli rappresentanti del mondo della cultura e della comunicazione che hanno ricordato Giovanni Paolo II nell’ultimo periodo della sua vita, con particolare riguardo alla sofferenza fisica che lo ha stremato e che commosse tutto il mondo dei fedeli. Presentando il libro Lilli Gruber, giornalista, scrittrice e deputata europea ne aveva sottolineato lo stile narrativo: “prosa asciutta, sincopata” – aveva detto – “Racconta di un Papa che sapeva comunicare ai cattolici e ai laici; vicino ai credenti anche nella malattia, il quale vive il lento decadimento del suo corpo fino alla morte vissuta con dignità, sofferenza e pathos. Per il sociologo Domenico De Masi dal punto di vista massmediatico il libro di Politi presenta Wojtyla come un esempio straordinario di immagine globalizzata che unisce giovani e adulti. Il presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso Cardinale Tauran ha riconosciuto all’autore il merito di aver evidenziato che il Papa “È stato un puro testimone della passione di Cristo”. Wojtyla ci invita a meditare che la morte sarà più serena se tutti noi saremo abitati dal pensiero di Dio. Anche per un non cattolico come Souad Sbai presidente dell’Associazione donne marocchine Italia, il libro è importante perché richiama l’attenzione del lettore sulla sofferenza dell’uomo. Il presidente della Comunità di Sant’Egidio Riccardi ha detto: “Non è un libro di storia né una cronaca pettegola di fine regno. È la storia di un’emozione, un libro bello che descrive con quanta dignità e saggezza quell’Uomo ha affrontato la morte; il Papa delle relazioni con le genti di popoli di diverse culture. Si è sempre confrontato con la morte, il viaggio in Turchia, l’attentato, la morte dei genitori e del fratello, l’occupazione nazista, gli ebrei.

 

Piermarco Parracciani

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