La vita (infelice), le opere, la malattia mentale ed il grande rapporto con il fratello e confidente Theo

 

Van Gogh multimedia & friends è la mostra che, dal 13 giugno al 19 luglio, si è svolta a Parma per raccontare la vita di Van Gogh attraverso i suoi quadri.

Appena il visitatore entra viene subito immerso in un turbinio di immagini, occhi, colore, parole, frasi, solo in un secondo momento si inizia a camminare per le varie stanze e ad ammirare la numerosa produzione dell’artista frazionata in tappe, le fasi della sua vita ed i vari luoghi e persone, da lui visitati ed incontrate, rimasti, per sempre, immortalati nelle sue tele.

«Il mio scopo nella vita è fare quadri e disegni, più e meglio che posso poi al termine della mia vita, spero di andarmene ricordandoli con amore e tenero rimpianto  e pensando: “ Oh, i quadri che avrei dovuto fare!”», questa è la lettera di Van Gogh al fratello Theo nel novembre 1883 che sancisce la sua totale dedizione all’arte.

Van Gogh nasce in Olanda nel 1853, figlio di un pastore protestante, dopo la fanciullezza trascorre alcuni anni a lavorare in una ditta di mercanti d’arte e di editori di stampe e per sette anni il lavoro lo porta all’Aja, Londra e Parigi, dove comincia a visitare mostre e musei, in questo periodo Vincent non sa ancora cosa fare, ma l’arte è già dentro di lui.

Segue, poi, il padre in Inghilterra per diventare pastore protestante, ad Amsterdam si prepara per frequentare la facoltà di teologia, ma lascerà quasi subito, la sua anima inquieta non ha trovato ancora la sua strada.

Inizia così a prendere lezioni di disegno e, sempre, ad Amsterdam conosce Anthon Van Rappard, quest’ultimo gli mette a disposizione il suo studio ed in questo periodo Vincent è felice di poter lavorare in piena pace e serenità, i suoi soggetti sono l’uomo che lavora la terra, contadini che vangano e seminano, i loro campi e le loro misere case.

 

Nel dicembre 1881 prende lezioni di pittura all’Aja da Anton Mauve, il soggiorno nella città lo spinge ad intrattenere amicizie con altri pittori come De Bock, Van der Weele e Breitner, ma solo nell’estate 1882 inizia ad applicarsi alla pittura ad olio.

Dopo alcuni anni lascia l’Aja e si trasferisce a Nuenen dalla famiglia, dove il padre era stato nominato pastore, qui dipinge e disegna moltissimi ritratti di contadini con l’idea di farne studi per arrivare ad una composizione di gruppo all’interno di una capanna, da qui nasce il famoso quadro “I mangiatori di patate” che si trova ad Amsterdam al Van Gogh Museum. 


«Quello che maggiormente mi appassiona, molto, molto più di tutto il resto del mio “mestiere”, è il ritratto, il ritratto moderno».

«Lo cerco nel colore, e sicuramente non sono il solo a cercarlo in questa direzione.

Mi piacerebbe bada bene, lungi da me asserire che sarò in grado di farlo, sebbene sia quello a cui miro, mi piacerebbe dipingere ritratti che apparissero dopo un secolo, alla gente come delle apparizioni» lettera di Van Gogh a Theo nel giugno 1890.

Van Gogh insegue nel ritratto la somiglianza fotografica, ma cerca di rivelare al pubblico appassionate espressioni, utilizzando l’arte come mezzo di comunicazione, puntando a stimolare il carattere della scienza moderna ed il colore.

Van Gogh cerca di far uscire la fisionomia interiore degli uomini con le loro sofferenze quotidiane, il suo intento è quello di far parlare gli occhi per trasmettere emozioni.

Sicuramente i due anni trascorsi a Parigi sono i più importanti per la carriera di Van Gogh che si stabilisce nell’appartamento di Theo, qui  cerca d’implementare direttamente e radicalmente un nuovo approccio all’arte che è stato inaugurato dagli Impressionisti.

Durante la permanenza Vincent incontra molti giganti dell’Impressionismo come  Toulouse –Lautrec, Emile Bernard, Camille Pissarro e naturalmente Paul Gauguin.

Tuttavia Vincent non accetta pienamente molte delle nuove teorie dell’Impressionismo, in alcune occasioni discute animatamente con loro fino a tarda notte nei caffè di Montmatre.

In ogni caso Vincent adotta in parte le loro tecniche, in modo che alla fine riuscirà a dar forma ad un suo stile unico, infatti, col tempo, verrà considerato come un post-impressionista.

Decide poi di andare ad Arles, qui affitta una stanza vicino alla stazione, fin dai primi giorni esplora la città ed i suoi dintorni e comincia a dipingere.

Già da tempo c’è nei pensieri di Vincent l’idea di una casa con uno studio, per lavorare tranquillamente, e nel caso, offrire un tetto agli amici e trova la “Casa gialla”, celebre dipinto che si trova ad Amsterdam nel VanGogh Museum, a Theo manderà un schizzo per farlo partecipe della novità.

 


Sempre a Theo manderà un bozzetto, de “La camera da letto”, che diventerà uno dei suoi più celebri dipinti ed uno dei suoi favoriti, anche qui grande uso del colore.


Sempre ad Arles incomincia a disegnare i famosi girasoli, «Forse saprai che la peonia è di Jeannin, l’altea appartiene a Quost, ma il girasole è in qualche modo mio», altra lettera di Van Gogh aTheo  nel gennaio 1889.

Jan Hulsker, uno dei massimi studiosi del pittore, afferma che la serie dei girasoli lo ha fatto conoscere in tutto il mondo, anche qui molto uso di colore, il giallo con tutte le sue sfumature.

I girasoli, nell’iconografia cristiana simboleggiano il divino e occupano un posto importante nella vita di Van Gogh con il sole e la luce e, sicuramente, l’artista era consapevole del loro valore simbolico.


VanGogh si è fatto conoscere, indubbiamente, anche per i numerosi autoritratti che lo rappresentano bendato , dipinti durante l’episodio che lo ha visto recidersi l’orecchio, con la barba, con cappelli e l’autoritratto senza barba, realizzato alla fine di settembre 1889, è uno dei dipinti più costosi di sempre, essendo stato venduto per 71,5 milioni di dollari, questo quadro è anche l’ultimo autoritratto di Van Gogh, realizzato come regalo di compleanno per la mamma.


L’atto di recidersi l’orecchio avviene quando decide d’invitare Gauguin nella casa gialla per un breve soggiorno, i due non vanno molto d’accordo, le loro concezioni dell’arte appaiono così divergenti, da dar luogo a molte tensioni, fino all’episodio che porta Van Gogh a puntare un coltello contro Gauguin e poi a recidersi l’orecchio.

Gauguin ne esce così turbato da lasciare immediatamente la casa e Vincent viene ricoverato in ospedale.

Van Gogh si riprende presto e appena uscito riprende a disegnare, una nuova crisi depressiva, però lo riporta in ospedale.

D’accordo con il pastore Salles,Vincent decide liberamente di farsi ricoverare alla casa di cura di Saint-Rémy, nel frattempo Theo si sposa.

Qui riprende a dipingere e nasce “La notte stellata”, che si trova al Museum of Modern Art di New York, una nuova crisi non gli permette più di uscire ed allora comincia a disegnare i pazienti dentro la casa di cura.

Lasciato Saint-Rémy si dirige verso Auvers-sur-oise, ma prima si ferma per tre giorni a Parigi per conoscere il nipotino e la giovane moglie di Theo.

Ritrova i suoi amici pittori come i suoi quadri che appesi alle pareti dell’appartamento di Theo, riempiono completamente la casa.

Questi sono giorni gioiosi ed emozionanti per Vincent , dopo tanta tristezza nella casa di cura.

Abbandonata Parigi arriva ad Auvers, qui conosce il dottor Gachet, che prenderà Vincent sotto la sua protezione.

In campagna Van Gogh si rilassa, dipinge paesaggi campestri e ritrae tutta la famiglia Gachet, famoso il “Ritratto del dottor Gachet” 1890, ora al Musée d’Orsay a Parigi.

Sembra tutto sereno ma il 27 luglio 1890, probabilmente per il terrore di una nuova crisi, tenta di togliersi la vita con un colpo di pistola, il 29 luglio muore.

Al funerale vengono tutti gli amici di Parigi che addobbano la sua camera con fiori e i suoi quadri, sei mesi dopo, talmente addolorato per la morte di Vincent, morirà anche il fratello Theo.

La mostra termina con la “Stanza segreta”, una camera dove ci sono i suoi amici, ci sono le opere ideate e realizzate da chi lo ha conosciuto, da chi ha fatto evolvere il suo modo di fare arte dando tonalità al suo disegno, facendo sì che i colori prevalessero sulla forma.

 

All’uscita della mostra si rimane un po' con l’amaro in bocca perché ci si chiede come un così grande artista abbia goduto, in vita, di poca fama ed abbia venduto un solo quadro, per diventare, dopo la morte, tanto glorificato, ma la bellezza della sua arte, i colori splendidi, l’unicità della sua pittura ti lasciano una sensazione di meraviglia per aver avuto la possibilità di ammirare tanto talento.

 

Ilaria Carretta

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